Tacito nacque nella Gallia Narbonese nel 55 d.C. e visse sotto vari imperatori, in ordine cronologico, Nerone (appartenente alla gens Claudia), Vespasiano, Tito e Domiziano (tutti e tre facenti parte della gens Flavia).
Questo autore trascorre la sua vita in un periodo di crisi nel quale lo storico non ha libera espressione, dato che deve misurare tutto ciò che dice per non andar contro il “princeps”, cioè l’imperatore. D’altro canto, essendo storico non può riportare il falso.
Tacito è ritenuto lo storico per eccellenza dopo Sallustio.
Nel 98 d.C pubblicò due monografie:
-La Germania;
-L’Agricola, a cui abbiamo fatto riferimento per quanto riguarda i diritti dell’uomo.
In entrambe le opere si parla di popoli con cui Roma ha avuto dei contatti.
L’Agricola è definita una “laudatio funebris”,poiché è un opera che esalta le doti di una persona defunta, nel caso specifico del suocero dell’autore, Giulio Agricola, uomo fedele a Roma con solidi principi.
L’Agricola è suddivisa in quarantasei capitoli in particolare:
-dal I al III vi è il proemio;
-dal IV al IX si parla della carriera politica di Giulio Agricola che culmina nella carica di governatore della Britannia ottenuta nel 78 d.C;
-dal X al XVII viene fatto un excursus di carattere etnografico sui britanni;
-dal XVIII al XXXVIII sono trattate le campagne militari di Giulio Agricola;
-dal XXXIX al XLIII l’autore fa una polemica contro Domiziano che richiama Agricola a Roma, poiché in quel periodo i generali costituivano un problema: un comandante, infatti, portando a compimento con successo varie campagne militari poteva essere eletto imperatore e quindi vi era un conflitto di interessi tra questo e l’imperatore in carica. Nel caso specifico Agricola era stato inviato in Britannia per conquistare terre e proprio quando cominciò ad avere maggior successo fu destituito dall’incarico;
Sulla morte del suocero girano molti “rumores”(voci di corridoio) infatti si pensa possa essere stato avvelenato dallo stesso imperatore;
-dal XLIV al XLVI Tacito esalta il governo di Nerva e Traiano e un elogio finale al suocero.
Statua di Gneo Giulio Agricola
Degni di nota sono l’introduzione (nella quale l’autore lancia una dura invettiva contro l’abbandono delle virtù nella Roma imperiale) e il celebre passo del discorso pronunciato da Calgaco (capo dei Caledoni), mentre incita i suoi soldati prima della battaglia del monte Graupio (cap. XXX),di cui abbiamo preso visione traducendo il passo seguente:
«Raptores orbis, postquam cuncta vastantibus defuere terrae, mare scrutantur; si locuples hostis est, avari, si pauper, ambitiosi, quos non Oriens, non Occidens satiaverit; soli omnium opes atque inopiam pari adfectu concupiscunt. Auferre, trucidare, rapere falsis nominibus imperium, atque ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.»
«Predatori del mondo intero, i Romani, dopo aver devastato tutto, non avendo più terre da saccheggiare, vanno a frugare anche il mare; avidi se il nemico è ricco, smaniosi di dominio se è povero, tali da non essere saziati né dall’Oriente né dall’Occidente, gli unici che bramano con pari veemenza ricchezza e miseria. Distruggere, trucidare, rubare, questo, con falso nome, chiamano impero e là dove hanno fatto il deserto, lo hanno chiamato pace.»
(Publio Cornelio Tacito, La vita di Agricola, BUR, Milano, trad.: B. Ceva )
Seguendo i canoni della storiografia drammatica antica, Tacito costruisce un discorso in cui mette in bocca a Calgaco una dura accusa verso l’avidità e l’imperialismo romano.
Tanto famoso è questo brano da rendere proverbiale la locuzione: Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant.
In realtà però Tacito non era a priori contro l’espansione dei confini dell’impero (anzi, negli Annales rimprovera a Tiberio la politica di non espansione); piuttosto era critico verso l’atteggiamento di sfruttamento delle popolazioni conquistate e quindi contro la violazione dei loro diritti umani, detto in termini più moderni.
Scritto da marydimartino
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